Gli impianti necessari

La necessità di abbattere le emissioni di CO2 in base agli impegni europei e quella di ridurre la dipendenza da gas e petrolio esteri, dopo i recenti sviluppi geopolitici, richiedono all’Italia di accelerare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.

Le indagini RSE mostrano che entro il 2030 i comparti idroelettrico, solare ed eolico dovranno crescere complessivamente del 63 per cento e che le rinnovabili per usi termici e per uso trasporti dovranno crescere, rispettivamente, del 38 e del 40 per cento. Le stime per l’adozione del Green Deal indicano che dovranno essere installati 26 nuovi GW di impianti da fonti rinnovabili programmabili e 83 GW da fonti rinnovabili non programmabili (principalmente eolico e solare). Nei prossimi otto anni, occorrerà installare 12,3GW di eolico, di cui 3,2 off-shore, e quasi 30 GW di nuovi impianti di solare fotovoltaico. Gli obiettivi quantitativi dovranno essere ancora più ambiziosi se ti tiene conto del pacchetto climatico europeo Fit for 55.

Per l’Italia, dunque, realizzare impianti di energia rinnovabile diventa una priorità strategica. Tuttavia, l’attuale groviglio di regole incerte e contraddittorie e il clima conflittuale tra amministrazioni centrali e territoriali lo rendono impossibile. Negli ultimi anni si è assistito a un’esplosione del numero di iniziative, ma ciò non ha trovato corrispondenza nel numero di autorizzazioni rilasciate: dei circa 23 GW di impianti eolici per i quali è stata fatta istanza dal 2017 a oggi, soltanto 651 MW sono stati autorizzati sulla base della valutazione d’impatto ambientale (Via), mentre l’89 per cento dei progetti si trova ancora nella fase iniziale dei procedimenti autorizzativi. Inoltre, per soli 509 MW sono stati emessi provvedimenti attestanti che i progetti sono prossimi all’autorizzazione, mentre nel 2017-2020 sono stati emanati dinieghi per 1.373 MW. Situazione ancor più problematica si ha nel settore fotovoltaico.

Recentemente, il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha affermato che il governo assumerà presto provvedimenti per accelerare le autorizzazioni per l’installazione di nuove fonti di energia. È un segnale incoraggiante. Tuttavia, nel dibattito pubblico si sopravvaluta l’importanza della tempistica, mentre si trascurano altre condizioni essenziali.

Le condizioni essenziali

Una delle condizioni essenziali è la creazione di un’adeguata capacità di stoccaggio, cioè la capacità di accumulare e conservare l’energia prodotta, ma non consumata immediatamente: 1 MW di potenza da fotovoltaico produce nell’arco della giornata in maniera frastagliata e non necessariamente sincrona alle necessità di consumo; sicuramente non riesce a coprire tutte le 8.760 ore annue. Lo stoccaggio è necessario laddove un’ampia quota di energia è prodotta da fonti rinnovabili non programmabili e gli accumuli giornalieri o stagionali servono a rendere compatibili la domanda di energia e la disponibilità delle fonti quando produzione e consumo non sono simultanee. Ciò richiede, per i piccoli impianti, l’utilizzo di batterie che accumulino l’energia prodotta quando nella rete vi è eccesso di offerta e che la rilascino quando vi è eccesso di domanda; per i grandi impianti, richiede lo sfruttamento del pompaggio idrico localizzando gli investimenti al Nord.

Un’altra condizione è l’adozione di sistemi elettrici smart per lo sviluppo del capacity market, che raccorda la generazione diffusa e non programmabile di energia con le esigenze di consumo.

Nei sistemi tradizionali questo ruolo è svolto dagli impianti termoelettrici a gas naturale, che rimangono a disposizione della rete (spenti o al minimo regime per la maggior parte del tempo, pronti ad attivare la produzione in caso di esigenza), nei sistemi smart sono le tecnologie di stoccaggio che permettono anche agli impianti di energie rinnovabili di svolgano tale ruolo.

Una terza condizione, sempre nell’ambito dello stoccaggio, è la realizzazione del “Power to Gas”, il sistema che utilizza elettricità già prodotta da fonti rinnovabili, e che risulta in surplus rispetto alla domanda, per ottenere idrogeno verde e poi combinarlo con CO2 per produrre metano da immettere nella rete pubblica e da utilizzare per la produzione di energia quando si renda necessario. La tecnologia, oggi commerciabile e adottata da alcune case automobilistiche e di trattori agricoli, consente di utilizzare surplus di produzione altrimenti inutilizzabili ed evita all’ente gestore di pagare a vuoto la generazione di energia in surplus o di dover interrompere la produzione non immediatamente utilizzabile.

Per realizzare queste condizioni, sarà cruciale l’apporto del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il decreto del Ministro dello Sviluppo economico, del 27 gennaio 2022, destina un miliardo di euro all’Investimento 5.1 “Rinnovabili e batterie”, per sostenere lo sviluppo delle tecnologie per la generazione di energia da fonti rinnovabili.

È dunque fondamentale non soltanto sbloccare le autorizzazioni, ma anche predisporre un piano industriale che sostenga le attività di stoccaggio e ammoderni la rete. Nell’ambito della revisione del processo autorizzativo, dando attuazione al decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 per la promozione delle fonti rinnovabili, il governo potrà prevedere meccanismi d’incentivazione che aiutino i piccoli produttori (famiglie e piccole impese) a dotarsi di tecnologie di stoccaggio altrimenti eccessivamente costose e potrà invece richiedere ai proponenti di grandi impianti (per esempio, superiori a 100 MW) di dotarli di appropriate tecnologie di stoccaggio, con aggravi di costo a bassa incidenza relativamente ai capitali impegnati e pertanto sostenibili.

lavoce.info  – 22/04/22

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